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      Si vede però che l'istesso studio per inanzi avesse fatto del Testamento Vecchio; et ho veduto il suo breviario, in che recitava l'offizio, segnato tutto al sudetto modo, ne' salmi specialmente, quali tutti sapeva a mente; e certo è ch'anco tutto quello che si dice nel celebrar la messa. Di che è conveniente dimostrazione l'osservato che negl'ultimi anni non si vedeva senza occhiali, sí che potesse legger una sola parola, o di scritto o di stampa, senza essi; e pure sempre senz'occhiali celebrò la messa.
      Non ho potuto sapere se in questo sessennio avesse dalla sua assiduità et immersione ne' studii altri che due deviamenti. L'uno fu ch'essendo creato vescovo di Ceneda Leonardo Mocenigo, ch'era uno di quelli che molte volte, benché non tanto frequentemente come gl'altri, interveniva in quel glorioso congresso di tanti celebri personaggi del ridotto Mauroceno, volle il padre prima instruttore nella professione canonica, et in quello ch'oltre la litteratura che possedeva, era conveniente al suo nuovo stato episcopale, e di poi per compagno per andar a Ferrara, ove trovandosi papa Clemente VIII, doveva esser essaminato e consecrato. L'altro fu la famosa difficoltà, che per la potenza delle fazzioni domenicana e giesuitica resta tuttavia indecisa, dell'efficacia della grazia divina, detta De auxiliis, della quale tanto è stato detto e tanto scritto.
      Alla contemplazione di questa lo trasse il vescovo di Montepeloso, che prima era stato suo intrinseco amico, maestro Ippolito da Lucca, uomo di molte lettere scolastiche, ma di maggior fama di bontà. Questo, avendo letto molti anni la teologia nello studio et università di Ferrara, era anco confessore di madama la duchessa d'Urbino e molto confidente servitore, quando Alfonso, ultimo duca di Ferrara, venne a morte.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190

   





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