Non resta ne' scritti ritrovati memoria alcuna; ma ben si vede dalle lettere responsive del sopradetto vescovo che per molti mesi, di spazzo in spazzo, gli scriveva di questa materia, e cose che, facendo supremo onore a quel prelato, sempre lo muovevano a stimular il padre d'andar a Roma, ma invano. Egli era, per quello che dalle sudette lettere appare, dell'openione di san Tomaso, ch'egli nominava, di san Paolo e di sant'Agostino, contro gl'antichi e moderni pelagiani e semipelagiani. Vi resta solo in tal proposito una breve scrittura, in quale appare ch'ad instanza d'un prencipe esplicasse lo stato di quella controversia nella lingua italiana e quali siano le opinioni de' controvertenti, con le loro esplicazioni e principale fondamento. Cosa breve, ma che dimostra la lucidezza di quella mente e la felicità dell'esplicarsi nelle cose piú ardue.
[Nuove discordie nell'ordine dei servi]
Nel fine de' sei anni sudetti, o poco appresso, vi furono due occasioni, per le quali fu temuto che nascesse qualch'altra perturbazione. Imperò che, morto il generale, ch'era maestro Gabriele, creato [nel] 1603, quindeci anni piú tardi di quello ch'era stato gettato il fondamento di quella fabrica, restò in governo con titolo di diffinitore un suo nipote, maestro Santo, il quale avendo le speranze del zio, ma non le forze, e massime mancando d'attitudine a servir la corte negl'interessi, il che faceva il generale (al quale dopo morte furono trovate lettere di pugno del cardinale Aldobrandino e di Borghese, nipoti de' pontefici, nelle quali si vidde che serviva in Venezia la corte in quelle cose che potevano o costargli la vita, o portarlo a maggior prelatura) maestro Santo l'imitò nell'opinione che, volendo dominare la provincia, conveniva a qualche modo levarsi lo stecco degl'occhi, ch'era la venerazione in che il padre si ritrovava.
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