Testificheranno con quanta arte, con che singolar prudenza temperasse alle volte l'ardore, ch'anco ne' piú pii cittadini suol accendere il zelo della propria libertà contra chi n'è riputato offensore o usurpatore della sua giurisdizzione. Testificheranno la suprema riverenza con che ha sempre parlato e scritto de' sommi pontefici e della Sede apostolica. Né però con questa moderazione puoté fuggire che non fosse citato in Roma a rendere conto della dottrina scritta.
Alla citazione egli rispose con un manifesto, ch'è in stampa, provando cosí chiaramente la nullità della citazione e l'impossibilità di trasferirsi a Roma, ch'ancora resta senza confutazione. E le cose seguite mostreranno se poteva fidarsi e s'era giusto che (come umilissimamente supplicava) gli fosse prima assegnato luogo sicuro ove diffendersi, che proceder piú oltre. Al che senza aver risguardo, si passò a Roma (per quel ch'è stato sparso in voce, che non se n'è veduto documento legitimo) al dichiararlo in corso nelle censure e pene ecclesiastiche, benché fosse detto che dal manifesto restarono cosí sorpresi, che non vennero alla publicazione. Formò anco una longa scrittura, che dopo si seppe esser stata presentata al papa medesimo, in quale succintamente raccolse molte eresie formali e tiranniche dottrine, trovate ne' scrittori della parte del pontefice difensori. Poi quanto a' suoi scritti s'offeriva che, se lasciato quel modo ambiguo e capzioso della sua citazione, perché vi fossero proposizioni eretiche, scandalose, erronee, offensive delle pie orecchie respective, (con tale parola forense rendendo il tutto inintelligibile), ma sí come egli da' scritti degl'ecclesiastici aveva sul particolare e nominatamente raccolte e notate le proposizioni cattive, cosí fosse fatto delle sue, s'offeriva andar in qualunque luogo de' cattolici sicuro, per ivi disputarle con chi si fosse, e di retrattare prontamente, se gli fosse mostrata cosa che ricercasse retrattazione.
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