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      E veramente gl'offizii furono cosí violenti, tanto delle minaccie, quanto delle promesse, che se non fosse stata la troppo chiara giustizia della causa veneta e la troppo notoria infamia d'abbandonarla dopo averne essaminata, conosciuta e diffesa la giustizia, ogni piú saldo cervello avrebbe potuto vacillare. Tale però era il concetto, anco degl'istessi nemici, dell'integrità del padre, ch'avendo tentati tutti gl'altri, con tutte le machine da crollare la debita fede, col padre non ardirono mai di fargli muover parola. E certo è che, partendosi da Roma il generale de' servi, maestro Filippo Ferrari alessandrino, amico intrinseco del padre, papa Paolo gli diede strettissime commissioni di rimuover dal servizio della republica i due del suo ordine, fra Paolo e fra Fulgenzio, con ampie promesse; et il generale rispose che quanto al padre Paolo non sperava di far frutto. Et andato dal cardinale d'Ascoli, con cui il padre era stato molto intrinseco, e comunicatogli il suo pensiero di tentare questa rivolta, gli disse il cardinale apertamente ch'aveva veduti i scritti del padre e lo conosceva, che però era opera persa e da non tentare. Conosceva quel grande e dottissimo prelato la sodezza delle ragioni venete, la incorruttibilità del padre e l'animo impenetrabile dagl'allettamenti della corte, ambizioni, commodi e terrori. E quando don Francesco di Castro venne ambasciatore straordinario del re Cattolico a Venezia per trattare l'accomodamento, aveva seco persone religiose di portata, che però nissuna osò parlar al padre.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190

   





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