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      A Barberino erano tutti eretici a chi scriveva o che gli scrivevano. Ma gl'altri che non potevano sindicare né la professione, né i costumi, avevano l'unico luogo comune che fosse ipocrita. Bel confronto certo del giudizio di questi prelati della corte romana colla dottrina di Cristo e de' suoi santi apostoli, ch'insegnarono conoscere la fede dall'opere e l'albero da' frutti. E se una vita con un'ugualità e costanza maravigliosa dalla puerizia sino a settanta uno anni d'età, che nell'opere mai alcuno abbia saputo, né potuto tassarla; nelle parole mai una oscenità, mai un giuramento, mai una vilezza; una povertà isquisita, un'osservanza delle leggi perfetta; lontano da ogni ambizione, nemico delle delizie sopra tutto; che mai mostrò segno d'avarizia, o desiderio d'alcun grado o dignità; se questi sono gl'argomenti insegnatici da Cristo per conoscer gl'ipocriti, sia lasciato all'altrui giudizio. Ma né Dio, né l'umanità vuole che l'innocenzia abbia tal infortunio e la virtú sia cosí sventurata, che la fama e l'infamia stia sotto l'arbitrio de' potenti. Il giusto è palma e s'inalza contro il peso delle calonnie. Non ha voluto Iddio che quei medesimi tiranni, ch'ebbero licenza totale contra la vita de' poveri innocenti, avessero però alcuna potestà sopra la fama e memoria. E se questo fosse, l'umanità stessa, non che la virtú, sarebbe in troppo disvantaggio.
     
     
      [Modestia del Sarpi]
     
      Ma perché il segno ove ferivano e feriscono ancora tali avvelenate saette, non poteva esser guadagnato, essendo noto il dispreggio di tutta la sua vita del danaro e l'avere le sue pure necessità, o piú tosto mancare di quelle ancora ch'abondare di soverchio; non delizie d'ogni sorte, delli quali in tutti i tempi era stato cosí aborrente, che sin all'ultimo spirito della vita ha constantemente servato di non aver, né voler altro gusto che quello che da' studii o dalle virtú avesse l'origine et in quelle terminasse; et era la sua vita la piú affaticata e stentata che religioso potesse fare, essendo questi ultimi 17 anni stato come rinchiuso sempre nelle sue stanze, fuor che quanto il publico servizio e la sua professione religiosa lo necessitasse, et il vivere cosí parco et astinente e secondo la pura necessità, che la maggior parte del tempo se la passava con un poco di pane brustolato su le bragie et una sola sorte, e vilissima in qualità e quantità, di companatico; non i parenti, che non gliene restava alcuno, ma l'ambizione e l'appetito di gloria, che tra gl'affetti umani pare l'ultimo domabile, et il savio lo chiamò tra le vesti la camiscia, che ultima da' piú sapienti si depone, è il putrido, dove tutti questi vesponi qua e là svolazzando finalmente si fermavano.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
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