Et essendo ben vedute queste ordinarie alterazioni, nondimeno i prencipi le hanno tollerate, che poi i posteri hanno convenuto anco approvare per l'auttorità col tempo assonta. Cosa che avviene in tutte le cose umane, ma piú nella religione, ove il volgo è inventore delle superstizioni.
Il papa, oltre l'esser capo della religione, esso è anco un prencipe, e che da di piú di 500 anni in qua ha aspirato alla monarchia d'Italia almeno, alla quale è stato cosí prossimo. E che meraviglia, s'adopera tutti i mezzi per ampliare la sua giurisdizzione? Aver il pontefice romano tre gran carichi: della religione, delle cose ecclesiastiche e del temporale del suo Stato. Il non distinguerle da' prencipi esser il fonte onde deriva ogni male. Esservi tre generi di canoni: di cose spirituali, di temporali e di miste. De' primi, la cura esser degl'ecclesiastici. De' secondi, non potersene ingerire fuori delli Stati suoi temporali. De' terzi, esser tanto debito del prencipe curarsi, quanto degl'ecclesiastici, se non piú. In tutta la sua vita non esser occorso nel serenissimo dominio mai alcun disparere, né anco in un minimo iota, nel primo di questi capi, perché la republica è nata cattolica e conservata sempre tale. Tutto il disturbo avvenire nel secondo capo, che la corte fa servire all'augumento della sua giurisdizzione e del dominio temporale. De' terzi, esser troppo ignorante quel prencipe che si lascia escluderne. E se la corte oggidí piú che mai fa ogni sforzo per far scrivere e passar in credenza l'esclusione, perché i prencipi, ch'hanno in favore le sentenze chiarissime del Nuovo e Vecchio Testamento, la dottrina de' concilii e padri santi e la prattica di tutti i tempi non se ne riparano?
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