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      Vi chiamano - diceva - gl'altri patrone de' vostri affetti et io vi veggo quant'altro con gl'affetti, ma diversi. Questo vostro perpetuo stare in quella secreta, a volgere libri non leggibili ad altri, il risserrarvi nella vostra cella senza uscirne mai, il non rallentar mai a leggere e scrivere, padre, è un'intemperanza, come già il mio giuoco et amori, ma diversa, perché l'opinione all'una dà i cattivi, all'altra nomi d'onore
      . Passava a dirgli ch'in ciò gli pareva vederlo piú nel grado dell'ostinazione ch'altrimente, volendo nell'età cadente non rallentare, ma intendere le fatiche ch'in anni più vigorosi a pena sosteneva. Gli diceva anco, ridendo: "Questa è, perdonatemi, una sorte d'ambizione che vi domina", e mille altre erudite galanterie.
      La prima volta ch'ebbero insieme discorso, il padre (ch'al suo solito con pochi detti l'aveva fatto molto parlare) disse: "Ha un gran cuore questo Trevisanetto (alludendo alla picciolezza del corpo, ch'ha tanto ceduto alla grandezza dell'animo) et è molto abile alle gran risoluzioni". Dopo ch'entrò nella cognizione dell'amicizia che tra lui et il signor Barbarigo era cominciata (che cosí sarà lecito dire di cosa che con fatali incontri ha fatto gl'incrementi da stancare tutte le penne), volse esso ancora contribuire ad opera cosí rara. Non era dovere che fabrica cosí eccelsa di virtú civile s'ergesse in Venezia, senza che sí grande architetto vi ponesse mano. E sentendo raccontar al signor Marco varii accidenti che tra loro erano passati, et un desiderio d'una totale trasmutazione e d'una transfusione, non solo delle cose esterne, ma di se stessi, ché quel "amicorum omnia communia", ch'è in bocca a tutti, ma forse veramente mai pratticato in altro essempio, certo no nel grado che dopo è successo in questi due signori, dopo aver portate varie bellissime dottrine dell'amicizie, ordinò a maestro Fulgenzio di tradurgli nell'italiano dalla lingua francese il saggio di Michiel di Montagna dell'amicizia.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
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