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      Piú di tutti il signor Marco Trivisano, in cui singolarmente il padre amava la libertà e veracità, piú spesso gl'inculcava la sua manifesta intemperanza di voler continuare i studii e le fatiche come faceva in altri tempi, quando le forze erano maggiori; e ch'era una indiscrezione di non voler discernere il venir degl'anni, et altre simili cose che udiva con gusto, senza però rallentare l'arco. Piú volte anco ebbe manifesto mancamento di forze, che fu costretto anco fare la strada della Marzaria appoggiato sul braccio di fra Marco. E non occultò di sentirsi male, dando in diverse occasioni manifesti indizii di preveder il suo instante fine, del quale parlava piú spesso del solito, non solo con la sua franchezza d'animo e come d'un debito di natura e cosa indifferente, ma con manifesta allegrezza, come se gli dovesse essere la vera quiete d'una longa, e molto stanca giornata. E fra le sue orazioni iaculatorie, che molte ne repetiva sovente con detti divotissimi della Scrittura, piú frequentemente diceva: "Nunc dimittis servum tuum, Domine". Et a' suoi familiari spesso diceva: "Orsú, siamo molto prossimi al fine della giornata". Et un giorno che, com'era solito, se gli conferiva de' negozii concernenti il governo della provincia, et in particolare ch'instava il tempo che nominasse alcuno per priore ne' servi, apertamente al padre maestro Clemente bresciano provinciale et altri disse: "A questo pensarete voi, ch'io non mi ci trovarò".
      Ma frequentissimamente replicava a' suoi familiari con scherzo che poteva morire sicuramente; che della sua morte non si poteva piú far miracoli, perché erano morti prima di lui Baronio, Bellarmino, Colonna, il papa medesimo e tutti quasi i scrittori per la parte ecclesiastica, tanto piú giovani di lui; alludendo alla temeraria maniera di scrivere di certi, che stimavano aver detto qualche gran fatto col dir di quelli ch'erano caduti in disgrazia della corte romana per controversie, azzioni o scritti, che gli fosse occorso qualche disgrazia o accidenti, o al fine la morte, che Dio gl'avesse puniti; come se dopo formatosi un Dio coi loro affetti, l'avessero anco creato essecutore de' loro interessati voti e che non avesse altra cura che di far male e mandar infortunii a chi non avesse la grazia loro, overo se quelli che fossero stati seco uniti in fazzione non dovessero morire.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
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