È forse lecito dubitare, che le altre catene che l'umanità ha riescito a spezzare non sarebbero durate fino ai dì nostri se si avesse avuto altrettanta cura di piegarvi gli spiriti? Se si fosse dato per obiettivo all'ambizione di ogni giovinetto plebeo ottenere il favore di qualche patrizio, ad ogni giovine servo quello del suo signore; se divenire il servitore di un grande e dividere i suoi personali affetti ed i suoi onori fossero state le ricompense proposte al loro zelo, se i migliori ed i più ambiziosi avessero potuto aspirare alle più alte distinzioni e ricchi premi, e se una volta questi premi ottenuti, il servo ed il plebeo fossero stati separati da un muro di bronzo da tutti gli interessi che non si concentravano nella persona del padrone, da ogni sentimento, da ogni desiderio, che quelli non fossero che con esso lui dividevano, non vi sarebb'egli stata fra i signori ed i servi, fra i patrizi ed i plebei una distinzione tanto profonda quanto quella degli uomini e delle donne? Tutt'altri che un pensatore avrebbe creduto che questa distinzione fosse un fatto fondamentale ed inalterabile della natura umana.
Le precedenti considerazioni bastano a dimostrare che l'abitudine, per quanto universale, non può decidere per nulla in favore delle istituzioni che assoggettano le donne agli uomini politicamente e socialmente. Se non che io mi spingo più oltre, e pretendo che il corso della storia e le tendenze d'una società in progresso, non solo non arrecano nessuna presunzione in favore di questo sistema di disuguaglianza, ma creano anzi una fortissima presunzione contro di esso; sostengo che, se il cammino del perfezionamento delle istituzioni umane, e la corrente delle tendenze moderne, ci consentono di cavare un'induzione a questo proposito, è la scomparsa inevitabile di questo vestigio del passato che fa ai pugni coll'avvenire.
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