Si può credere tuttavia che lo stabilimento di un potere assoluto sarebbe di minor pericolo pei diritti e gl'interessi degli interessati in una società commerciale che nel matrimonio, dappoichè gli associati rimangono liberi di annullare il potere ritirandosi dall'associazione. La donna non ha questa libertà, e l'avesse anche, è sempre a desiderare ch'ella tenti tutti i mezzi prima di ricorrervi.
È perfettamente vero che le cose che devono decidersi tutti i giorni non possono accomodarsi poco a poco aspettando un compromesso, dovendo dipendere da una sola volontà, una persona sola deve tagliar corto in queste questioni. Ma non ne consegue che questa persona sia sempre la stessa. V'è un modo naturalissimo di accomodamento, ed è la divisione dei poteri fra i due associati, per il quale ciascuno ha la direzione assoluta della sua partita, e nel quale ogni cangiamento di sistema e di principio esiga il consenso dei due. La divisione non deve, nè può essere prestabilita dalla legge, poichè deve dipendere dalle capacità individuali; se i due congiunti lo preferiscono, essi possono stabilirle anticipatamente nel contratto nuziale, come vi si regolano attualmente le questioni di denaro. Di rado vi sarebbero difficoltà in questi accomodamenti presi di comune accordo, eccettuato in quei casi deplorabili nei quali tutto diviene argomento di litigio e di contesa fra gli sposi. La divisione dei diritti deve naturalmente seguire la divisione dei doveri e delle funzioni, e questo già si fa di comune consenso, dalla legge in fuori, dietro il costume che il beneplacito delle persone interessate può modificare ed infatti modifica.
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