Io son disposto ad ammettere, ed è su questo che fondo le mie speranze, che molte persone coniugate sotto la legge attuale e probabilmente la maggioranza nelle classi superiori, vivono secondo le leggi d'eguaglianza e di giustizia. Le leggi non si migliorerebbero mai, se non vi fossero molte persone i cui morali sentimenti valgono assai meglio delle leggi in vigore; queste persone dovrebbero appoggiare i principi ch'io qui difendo, e che hanno per solo obietto di condurre tutte le umane coppie ad assomigliarli. Ma benchè ricchi di un gran valore morale, se non si è in pari tempo forniti di uno spirito filosofico, si è tratti di leggeri a credere che le leggi e le consuetudini di cui non si sono personalmente subiti gli effetti funesti non producono alcun male, ch'esse producono probabilmente del bene, dacchè sembrano ottenere il generale consenso, e che altri ha torto di trovarvi a ridire. Questi non pensano una volta all'anno alle condizioni legali del vincolo che li unisce. Essi vivono e sentono come fossero, su tutti i punti di vista, eguali agli occhi della legge. Esse avrebbero però torto di credere che lo stesso avvenga di tutte le unioni nelle quali il marito è un miserabile finito. Sarebbe mostrare tanta ignoranza della natura umana quanto della realtà della vita. Meno un uomo è fatto pel possesso dell'autorità, meno ha probabilità di esercitarla sopra qualcuno col suo spontaneo consenso, e più si felicita del potere che la legge gli dà, e più esercita i suoi diritti legali con tutto il rigore che comporta il costume (costume dei suoi pari) e più prende piacere nell'impiego del suo potere a ravvivare il gradito senso del possederlo.
| |
|