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      Se l'opinione si occupasse una volta di questa questione, nessun inconveniente vi sarebbe a lasciargliela normalizzare senza che la legge dovesseintervenirvi.
     
      III
     
      Io suppongo che non incontrerei soverchia difficoltà nel persuadere a coloro che mi hanno seguito nello svolgimento della questione dell'eguaglianza della donna e dell'uomo nella famiglia, che questo principio d'eguaglianza completa trascina seco un'altra conseguenza, l'ammissibilità delle donne alle funzioni ed alle occupazioni che fino ad oggi furono privilegio esclusivo del sesso forte. Io credo che se si colpiscono ancora d'incapacità per queste occupazioni, è per mantenerle nello stesso stato di subordinazione in seno della famiglia, perchè gli uomini non possono ancora rassegnarsi a vivere con degli eguali. Senza questo, io penso, quasi tutti, nello stato attuale dell'opinione in politica ed in economia politica, riconoscerebbero ingiusto escludere la metà della razza umana dal massimo numero delle occupazioni lucrose, e da quasi tutte le funzioni elevate, e di decretare, o che dalla nascita le donne non possono divenire capaci di coprire impieghi legalmente aperti ai membri più stupidi e vili dell'altro sesso, o che, malgrado le loro attitudini questi impieghi saranno loro chiusi, ed esclusivamente riserbati agli individui maschi. Nei due ultimi secoli non si pensava quasi ad invocare altra ragione che il fatto stesso per giustificare l'incapacità legale delle donne, e non si attribuiva all'inferiorità d'intelligenza alla quale niuno credeva realmente, in un'epoca, nella quale le lotte politiche ponevano le capacità personali ad una prova dalla quale le donne non erano tutte escluse.


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La servitù delle donne
di John Stuart Mill
Carabba Editore Lanciano
1932 pagine 161