E perciò fuggì all'impazzata, nel deserto, senza una meta, avido solo di mettere una immensa distanza tra sè ed il nemico; di mettere in salvo la propria vita; di non cadere nelle mani di quell'avversario temuto, di non diventare suo schiavo.
Dio serpente! Mi salva, mi salva!
E continuava la cavalcata pazza.
Il sole volge rapidamente al tramonto. I colli gettano lunghe ombre, strane, e prendono tinte fiammeggianti; domina, da principio, il giallo, un giallo saturo che diventa poi arancione e poi rosso fuoco mentre i colli ardono; sembra che un gigantesco incendio divampi nel deserto; l'orizzonte è in fiamme, ed in mezzo a quelle fiamme, rossa essa pure, un'enorme brace, si tuffa la gigantesca palla solare.
Il rosso cede il luogo al violetto; sembra che le rocce vestano a mestizia per l'occaso del sole. Il fuoco si spegne sull'orizzonte, rapidamente; i colli si coprono di gramaglie, e sul padiglione nero del cielo compariscono numerose stelle.
Il capo prorompe in un urlo di spavento. In mezzo a quelle stelle è comparso un indice luminoso, gigantesco, il dito di Dio, che gli minaccia sventura.
La cometa! L'astro della mia rovina!
e cade privo di sensi a terra.
II.
Rimane a lungo, molto a lungo privo di sensi. Il cavallo si è coricato al suo fianco, ed ansa; ha la bocca aperta; la lingua ne esce penzoloni, inaridita; gli occhi si spengono; la povera bestia è prossima a morire di stanchezza, d'inedia, di sete.
Il capo si desta. Da principio non riesce a raccogliere i pensieri; sono così confusi; ma poi vede sopra di sè il cielo stellato; vede la maestosa luna; vede la cometa.
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Dio
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