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      Ma alla luce lunare l'astro minaccioso ha perduto parte del suo terrore; la sua luce è sbiadita tanto. Pure ciò non reca conforto al capo. Egli guarda la cometa, con un infinito spavento. È certo di essere perduto.
      - Schiavo mai! freme, leva il pugnale amico e lo porta alle labbra.
      Non paventa la morte: Ha scannato già molti di sua mano. Suo padre, quando gli ha donato il pugnale gli ha detto; - Il miglior amico! Esso non permetterà giammai che tu diventi prigioniero.
      Lo avevano assuefatto a vedere nella prigionia la maggior sventura, il pugnale era là, l'amico fido.
      Era deciso! Voleva cacciarselo nel petto, voleva farla finita. La cometa era là e gli diceva: Schiavitù o morte! E tutto, tutto: la sua educazione, i suoi fremiti di libertà, la sua condizione di capo, il suo passato, il presente, i timori per l'avvenire, tutto, tutto gli diceva: Schiavo mai! Preferisci la morte; mille volte la morte!
      Stava già per cacciarsi il pugnale nel petto quando il suo sguardo venne a cadere sul cavallo morente.
      Lo guardò a lungo e provò un senso d'infinita mestizia. Gli sembrava di veder morire un amico; anzi, più che un amico un fratello. Ma poi gli si affacciò alla mente un pensiero; cercò di cacciarlo, ma invano. Esso gettò subito radici; si abbarbicò nel suo cervello, gli s'impose. Non era quella la prima volta.... Non sacrificava nulla.
      Il cavallo era condannato a morire. Avido di bere; reso pazzo dalla sete; desioso di conservare la vita, per radunare le sparse membra della sua tribù, per organizzarle, per prepararle alla vendetta, si gettò sul cavallo, gli aprì, col pugnale, una vena al collo, portò le labbra alla ferita e succhiò il sangue caldo dell'animale, che si dimenava negli spasimi dell'agonia.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





Schiavitù Schiavo