La folla plaude all'audace, che vuole lottare contro il leone; ma in quel momento egli ricorda, che è capo, che è principe. Non vuole servire da spettacolo a quella folla. Getta via la spada e la rete. Urli di rabbia da parte della folla; il leone lo ha raggiunto; gli caccia i denti nella gola, le ugne nelle carni calde, calde, palpitanti.....
II.
Cesare
I.
Egli si destò, sul suo letto di porpora, e aprì gli occhi. Un sudore freddo, gelido, gl'imperlava la fronte. Girò gli occhi e guardò smarrito attorno a sè.
L'ampia stanza, dalle pareti di marmo prezioso, ornate di grandi scudi di bronzo e di oro, era innondata di una luce tepida, che usciva da due grandi lampade d'oro, nutrite di olii aromatici, presso le quali vegliava un bellissimo schiavo greco. Il pavimento di marmo era celato da soffici tappeti, ed in mezzo alla stanza sorgeva il basso letto di argento e di oro, su quattro piedi, simili a gigantesche zampe di leone; soffici materassi e magnifiche coltri di porpora ornavano il letto, sul quale egli aveva posato le pingui membra.
- Ho sognato! mormorò. Ho sognato! Gli dei immortali siano ringraziati.
Il sogno era stato terribile davvero. Aveva sognato di essere stato libero principe africano; di aver lottato per la libertà della sua tribù; di essere stato battuto, vinto, catturato, reso schiavo e costretto a lottare nel circo, a venir gettato in pasto alle fiere assieme agli incendiari di Roma.
Già. Gli incendiari! Un brutto sorriso errò sulle sue tumide labbra. I cristiani avevano dato Roma alle fiamme.
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