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      Non era egli forse Apollo, il padrone del santuario?
      Ricordò Corinto. Voleva tagliare l'istmo e precedette tutti nel lavoro. Lavorava con una zappa d'oro. Ricordò i suoi amori e la coppa del piacere vuotata fino alla nausea.
      Sì, fino alla nausea. Tutto gli recava nausea. Sospirava onori sempre nuovi, piaceri sempre più intensi, gaudi sempre più raffinati.... Abbandonò adirato le sue corone. Milleottocento; ne meritava centinaia di migliaia. Corone e lauri. Questi erano stati già tributati ad altri mortali, ed egli non era un mortale, nè un dio, ma qualche cosa di più di un uomo e di un dio. Era il primo degli dei, il creatore dell'universo, il signore del canto.....
      Voleva piegare al proprio culto volontà ribelli, orgogliose.
      Questi cristiani! I soli che non si piegavano al suo cospetto; i soli, coi quali valeva la pena di lottare, il cui omaggio valeva la pena di ambire. Sognò cristiani da umiliare.
      - Ce ne sono nelle carceri?
      - Sì, divino.
      - Vengano.
      - Quanti?
      - Tutti.
      Vennero: molti. Un brillante senatore, sua moglie, nobili patrizi, candide donzelle, fanciulli, operai dalle mani incallite, poveri schiavi. Egli li guardò con disprezzo.
      - Incendiari!
      Nessuno rispose.
      Il loro silenzio gli diede sui nervi. Li sapeva innocenti e voleva che si confessassero rei od almeno si scolpassero.
      - In ginocchio avanti a me, ad Apollo, al vostro dio! Adoratemi!
      Un vecchio tremante; una rovina umana; un povero scheletro scoperto di gialla pelle; i digiuni avevano sfibrato il corpo di Lino, rispose:
      - Cesare.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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