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      Una cosa gli premeva, una sola aveva vero valore: Che lo riconoscessero quale Apollo, quale uno degl'immortali, e i cristiani gli rifiutavano adorazione.
      - I nomi dei vostri complici!
      Vennero messi alla tortura. Non fecero i delatori; non si macchiarono di tanta infamia.
      Vennero condannati alla più terribile tra le morti.
      Il comune di Napoli gli aveva decretato molti onori, ed egli volava da festa a festa; nei templi, dove gli si offrivano sacrifizi, nei teatri, per assistere a pantomine e recite, nell'anfiteatro, nel circo, dove gladiatori, fatti venire espressamente da Roma, lo salutavano, condannati a morire; dove si faceva grande spreco di vittime umane, dove cristiani venivano dati in preda ai leoni. Egli andava a quelle feste, per soffocare i suoi timori, per dimenticare il pericolo, e, supplicato dalla plebe, cantava, cantava.
      Lo applaudono, ed egli è lieto di quegli applausi, e di nuovo pensa a rinunziare al trono ed a dedicarsi soltanto al canto.
      Il cielo ritorna sereno. Virginio Rufo, semplice cavaliere ma uomo stimato, legato dell'Alta Germania, ha dichiarato guerra a Giulio Vindice e muove contro di lui alla tutela dell'impero.
      Nerone ne è lieto. Un generale fedele. Ricompenserà la sua fedeltà. Lo farà trionfare a Roma e poi,... Portava sempre con sè una boccetta di cristallo, quasi piena di un liquore incolore, che Lomita gli aveva preparato. Una goccia di quel liquore versato in un calice di vino generoso avrebbe piantato nel cuore di Virginio Rufo il germe della morte.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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