A Roma, a Roma; nella Roma fedele, dal senato, che non poteva vivere senza di lui.
Vuole abbandonare Napoli per mettere al sicuro le sue corone, i suoi istrumenti musicali, i suoi mimi, le sue danzatrici, le sue cortigiane. Le fa vestire da amazzoni, affida loro se stesso, la sua gloria, la sua voce, il suo canto.
Promette all'esercito, al popolo, frumento; ve n'era tanta scarsità. Navi verranno dall'Egitto; ve ne sarà per tutti.
Canta l'arrivo delle navi cariche di pane.
Il suo canto è onnipotente! Ecco navi spuntare sul lontano orizzonte; sono desse, sono desse. Il suo canto, il suo divin canto le ha attirate.
Fa annunziare all'esercito, al popolo, che le navi stanno per entrare nel porto; che si farà una grande distribuzione di frumento; ve ne sarà per tutti.
Le navi entrano, ma sono cariche di sabbia d'Egitto, da cospargere il teatro, dove gladiatori e lottatori hanno da presentarsi alla folla.
IV.
Egli infuria nelle sale del suo palazzo. Nessuno osa avvicinarlo, tanto è adirato.
La folla infuria essa pure. La delusione è stata troppo grande. Inveiscono contro di lui, e le loro imprecazioni arrivano al suo orecchio e lo fanno fremere: Matricida! Matricida!
Già. Egli ha fatto uccidere sua madre; ma questo era un suo diritto. Chi può proibire ad Apollo, al padrone del mondo, di fare quanto più gli piace e di ammazzare chi vuole?
Hanno atterrato le sue statue nelle piazze e sul foro e negano soccorso alle sue truppe.
- I miei pretoriani!
Vuole mettersi alla loro testa, marciare contro la folla e decimarla.
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