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      I pretoriani lo hanno abbandonato.
      - Le amazzoni!
      - Sono fuggite. Sono andate a cercare altri protettori. Anche i mimi lo hanno abbandonato.
      Schiavi, liberti, cortigiani saccheggiano il palazzo. Gli portano via tutto; financo le coperte del letto e la fiala preziosa, che Lomita gli aveva preparato. Vuole difendere le sue corone di alloro. È solo. Non riesce. I suoi strumenti musicali; la sua cetra. Anche questi gli vengono tolti. Nessuno ne ascolta i comandi, le proteste, le suppliche; si ride del suo pianto; egli viene schernito, beffeggiato od ignorato. Un sovrano decaduto.
      Quanto soffre! Pazzi pensieri gli passano per la mente: vuole recarsi nelle Gallie, incontro all'esercito ribelle. Domerà i soldati col suo canto; s'inginocchierà avanti a loro e piangerà. Le sue lagrime li commuoveranno, il suo canto li renderà propizi. Ma poi cambia pensiero. Vuole rifugiarsi dai Parti e riconquistare col loro aiuto il trono; si recherà a Roma, salirà la tribuna e commuoverà il popolo, coll'eloquenza appresa da Seneca. Manda messi da Virgilio Rufo. È disposto di rinunziare al trono, purchè gli lascino la prefettura d'Egitto. Manda messi a Roma. Lo lascino in vita, l'Apollo novello. Non ne sa che fare del trono. Se lo tengano. Anela glorie maggiori.
      Quanto soffre! Oh questa ingrata plebe! Avesse l'umanità una testa sola, per spiccarla dal busto, con un taglio solo! Solo il re del canto, il dio Apollo, ha diritto alla vita!
      Nessuno si cura di lui; trova a stento uno schiavo che gli prepara un boccone.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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