Entra in certe osterie, in certi luoghi di peccato, dove il Natale viene festeggiato nell'orgia e nell'ebbrezza dei sensi; ed è simile ad un rimorso dì coscienza, grande, che non viene ascoltato, ma che li avrebbe resi poi non scusabili.
Entra nella stanza, dove sotto soffici coltri riposa un uomo.
Egli ha avuto fino allora un sonno molto irrequieto. Deve soffrire nel sonno, perchè sudori affannosi gl'imperlano la fronte; le braccia si agitano convulsive, la mano stringe il pugno, e voci di lamento escon di quando in quando dalle sue labbra; di un'angoscia grande, infinita.
Il suono delle campane non lo desta, ma gli procura un po' di calma. Egli si tranquilla per un momento. I solchi della fronte si spianano, il volto perde l'antica espressione di grande angoscia, di un infinito affanno; i pugni si chiudono; sembra che la calma sia ritornata in quel cuore.
È questo l'effetto delle campane; la loro voce benedetta ha donato la pace a quel poveretto, quella pace che esse annunziavano in quella sacratissima notte all'umanità credente, oppure, per un processo fisiologico qualunque, i terribili sogni, che forse agitavano quello spirito sono cessati ed il sonno è diventato pIù tranquillo?
Chi lo può dire?
Fatto sta, che nello stesso istante, nel quale le campane cessano di suonare, il volto del dormiente prende l'antica espressione di terrore e le sue labbra si schiudono all'antico gemito doloroso, fugato dal suono dei sacri bronzi.
Un infermo? No, che sul comodino non ci sono boccette di medicine, scatole con pillole, polverine.
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Natale
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