Era così lieto al pensiero che quel bel pezzo d'Italia era suo; che presto, presto, avrebbe una forte compagna al fianco.
L'Italia. Egli l'amava tanto, tanto! Non ne sapeva la storia; ne ignorava i fasti gloriosi, non ne conosceva i confini; non sapeva neppure il nome dei popoli che in essa abitavano; non gli avvenimenti politici degli ultimi giorni. Per lui l'Italia era quel pezzo di terra che egli lavorava; che aveva là, avanti agli occhi, che dominava collo sguardo; la terra sua, che gli dava da vivere, che rispondeva affettuosa alle sue fatiche ed al suo assiduo lavoro, e le terre vicine, i vicini campi, ed italiani erano quanti conosceva: i suoi vicini, coloro che egli vedeva alla domenica in chiesa o sulla piazza del villaggio, sotto il bel tiglio; e questa Italia, questi italiani, egli sentiva di amare tanto, tanto.
Ora i barbari volevano bruciare le sue biade, le sue messi bionde, scannare i suoi manzi, rubare le sue agnella, incendiare la sua casa e distruggere tutto, tutto. Con qual diritto?
Tutto il suo interno si ribellava alla loro avanzata: sentiva di odiarli, questi grandi nemici d'Italia e degli italiani, di odiarli con tutte le proprie forze; eppure essi avanzavano. Lo aveva detto il fuggiasco.
Che fare? Fuggire? Abbandonare la sua casa, i suoi campi, le sue mandrie? Mai! Doveva dunque rimanere e lottare, alla difesa di quel suolo santo, benedetto?
Ma che è quel bagliore lontano, rosso; che è quel fumo che là si alza al cielo? In quella direzione sono ì campi di un suo amico, sono le case di lui, le abitazioni dei suoi compagni di lavoro, i suoi granai grandi, ampi, ricchi.
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