- Non vale la pena-! - rispose con scherno. Queste parole fecero venire al lavoratore dei campi il sangue alla fronte. Il ricco spagnolo non lo riteneva neppure degno di osservazione. Si riteneva tanto alto, da non degnarsi neppure di far conto delle sue parole e di punirlo per quel rifiuto.
Un urlo di rabbia gli uscì dalle labbra.
Il signorotto rise, i bravi risero pure, ed uno di loro, quello del ciuffo, lo minacciò col pugno chiuso.
- Faremo i conti! - gli disse minaccioso. Si allontanarono.
Egli li seguì collo sguardo, in preda ad una rabbia infinita...
II.
Passano i giorni. Egli è assiduo al lavoro; lavora da mane a sera, e la moglie robusta e due figli lo aiutano sui campi, mentre l'unica figlia disimpegna i lavori di casa. È troppo gracile per lavorare.
- Non diventerà una contadina a modo - dicono di spesso i genitori, crollando il capo.
- Non lo vuole neppur diventare - rispondeva sorridendo la madre, la quale conosceva il segreto della figlia e l'aveva approvato.
Lavorava, lavorava ma non valeva la pena di lavorare.
Le notizie che giungevano in paese erano così brutte; se ne raccontavano tante della crudeltà degli spagnoli.
Qua essi avevano ammazzato una vacca, soltanto per mangiarne il fegato; là erano penetrati in una casa ed avevano chiesto del vino; si erano poi rifiutati di pagarlo, e il proprietario avendo insistito, lo avevano legato, denudato e flagellato a sangue; avevano flagellato pure la moglie, che era accorsa alla difesa del marito, rotto il fondo delle botti e lasciato scorrer tutto il vino; si parlava di signorotti che taglieggiavano i contadini; imponevano loro forti tasse; nel villaggio vicino era scomparsa la figlia di un agricoltore, una ragazza belloccia; nessuno sapeva dove fosse andata, ma la voce generale diceva, che era stata rapita dal signorotto.
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