Tonio, il padrone di una campagna vicina, si era opposto ad un gruppo di cacciatori, i quali ne attraversavano, a spron battuto, il seminato; aveva gridato loro di cessare e di non rovinare le sue terre, ma uno di loro, per tutta risposta, aveva fatto fuoco sopra del poveretto e lo aveva ferito gravemente.
Tutta la borgata era sossopra. Tutti maledicevano il signorotto, i suoi amici, i suoi ospiti, agitavano minacciosi i pugni nella direzione del castello, invocavano i fulmini del cielo sopra i brutali, ma tutto si limitava a questo.
Il barbiere del villaggio aveva fasciato Tonio e dichiarato la ferita gravissima. La povera moglie del ferito ed i figliuoletti piangevano desolati.
Egli era stato a vedere di Tonio, aveva confortato l'amico ed avuto parole roventi per il signorotto.
- Ed a dire che non possiamo fare nulla, che siamo assolutamente impotenti di fronte a lui! - esclama adiratissimo, e ritorna a casa, con questa rabbia impotente nel cuore.
Per via s'imbatte in una figura lunga, straordinariamente magra: dal dorso ricurvo, coperta di un abito nero, logorato dall'uso. Il volto dell'uomo è straordinariamente pallido, ed il suo pallore armonizza col candore dei mustacchi e del pizzo. Quel vecchio ha una faccia così dolce; un volto così paterno. Eppure egli sente in quell'istante avversione di lui. Quante volte non ha egli insegnato di ubbidire all'autorità. Era per colpa sua se nessuno si rivoltava nel villaggio.
- Che ne dice don Protasio, della ferita, del povero Tonio? - gli domanda.
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Tonio Tonio Protasio Tonio
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