Sarò prudente ma anche di ferro - disse il parroco e si allontanò a buon passo.
Egli lo seguì collo sguardo.
- I soli che si prendono cura di noi, che ci difendono, - disse tra sè e sè, ed il suo pensiero volò da quell'umile parroco al grande, che allora reggeva le sorti dell'arcidiocesi, e del quale tutti parlavano come di un sant'Ambrogio redivivo, del conte Carlo Borromeo, il nipote del Papa che, nominato quasi fanciullo arcivescovo, era l'uomo di Dio e della Provvidenza, il padre dei poveri. Il difensore degl'umili, il conforto dei sofferenti, il grande tutore dei diritti della Chiesa e del popolo. Tutti lo proclamavano santo, grande santo; le madri accorrevano al suo passaggio per vederlo, ascoltarlo, baciare il lembo della sua veste e ricevere la sua benedizione. La sua persona destava un delirio. Ed egli sapeva difendere il suo popolo, anche dagli spagnoli, perchè non si sentiva soltanto vescovo cattolico, ma anche lombardo ed italiano, amava il suo popolo, soffriva al vedere calpestati i diritti, e si abbassava, lui, il conte, il rampollo di nobile casato, l'arcivescovo, il cardinale, il santo, fino all'ultimo dei suoi figli spirituali, al meno intellettuale, al più povero, al più umile, per sollevarlo a sè.
- O la Chiesa. Se essa non fosse poveri noi! - esclama.
Ora comprende, che anche il parroco fa quanto può, fa più di quello che può. Ne attende il ritorno; e mentre le mani assidue lavorano, chè egli non può rimanere a lungo senza lavorare, il suo sguardo spia la via che conduce al castello del signorotto, attendendo il ritorno del curatore d'anime, curioso di rilevare, ciò che egli ha potuto ottenere.
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