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      Fece un breve giro per la città silenziosa, alla luce grigia di un'alba, contrastata dalle dense nubi, che velavano il cielo, e poi ritornò a casa per attendere Narciso Rossi.
      Erano le sette e tre quarti.
      Che cosa aveva da fare; come ammazzare il tempo fino alle dieci, quando sarebbe andato alla cattedrale, per gettare la bomba tra i fedeli?
      Girò irrequieto su e giù nella stanza da studio, tormentato dai suoi antichi sogni, il cui ricordo, strana cosa, non lo abbandonava. Aprì due volte lo stipo e lo rinchiuse. La vista delle bombe non gli faceva più piacere. Una voce interna lo rimproverava:
      - Tu fai contro la luce. Ed egli sentiva, che la voce non aveva tutti i torti.
      L'anarchia?
      L'unica tavola di salvezza.
      Gettare la bomba?
      Era necessarioIn chiesa?
      Voleva attendere Narciso Rossi.
      Il tempo passava, lentamente, molto lentamente, ma pur passava. Passano anche le ore delle maggiori angoscie, che sembrano interminabili, e quanto più interminabìle sembrò uno spazio di tempo prima d'incominciarlo o mentre ci si era dentro, perchè tempo di sofferenze, di dolori, d'ignominia, tanto più breve esso sembra di poi, quando è terminato, osservato alla serena luce di giorni lontani.
      Vennero le otto e un quarto, la mezza, i tre quarti. Incominciò a diventare impaziente. Avevano pur deciso di lanciare la bomba quella mattina!
      Quanto più attende, tanto più si concretizza in lui un pensiero, e questo, si è: Attendere. Attendiamo, che la calma ritorni nel mio spirito.
      Non era detto, che si dovevano lanciare le bombe proprio quella mattina.


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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