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      Vile! Disonore del partito; sii maledetto!
      Chiuse la lettera in una busta, vergò la soprascritta e l'abbandonò sul tavolo.
      Dopo la sua morte l'avrebbero trovata e pubblicata.
      Ne era lieto. Avrebbe procurato così a Narciso Rossi la maggior onta. I veri anarchici avrebbero disprezzato il traditore, e gli altri, i partiti dell'ordine, i borghesi, avrebbero lodato il giovane onesto, che si era rifiutato di commettere un delitto di lanciare una bomba, di macchiarsi di tanta colpa; e le lodi, l'approvazione delle autorità e dei circoli borghesi, già avrebbero recato un'onta ancora maggiore del biasimo dei suoi antichi consenzienti.
      Narciso Rossi era spacciato. Non gli rimaneva che il suicidio.
      Sogghignò a questo pensiero. Consultò l'orologio. Erano le nove e mezzo. Doveva spicciarsi se voleva arrivare nella cattedrale a tempo.
      Aprì l'armadio, levò la bomba sua, l'accarezzò, la baciò e la celò sul petto, sopra il cuore. Indossò il mantello di uscita, tirò alto il collare, cacciò la beretta fin sugli occhi e uscì di stanza.
      Chiuse l'uscio della propria abitazione.
      L'abbandonava per sempre.
      Chi ci sarebbe andato ad abitare? Che se ne curava? Di chi sarebbero stati i suoi mobili? Che gl'importava? Aveva lasciato erede universale Gianni Carpi, il solo onesto fra gli anarchici; il solo veramente povero ed audace tra di loro, coll'incarico di usare dell'asse ereditario soltanto per scopi di partito, per diffondere l'anarchia.
      Gianni Carpi avrebbe fatto un buon uso di quel danaro e del ricavato dei mobili; non avrebbe tenuto nulla per sè. Egli non dubitava della di lui onestà...


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I sogni dell'anarchico
di Ugo Mioni
Libreria Artiginelli Milano
1922 pagine 134

   





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