«È possibile - disse Elena - che siano essi così cattivi».
«Così non fossero - rispose Cornelia - e Dio voglia che troppo presto voi non ne sapiate render ragion ad altri».
«Chi sa? - disse Verginia - che ella non abbia trovato buona ventura?».
«Potrebbe essere - seguì Lucrezia - state pur di buon animo».
«Con tutto il male che dite - replicò Elena - io non credo che Verginia voglia restar di provar anch’ella, che cosa sia aver marito».
«Quanto a me - disse allora Verginia - io so bene che non lo piglierei, ma mi conviene obedir li miei maggiori».
«A questo - aggiunse Adriana - figliuola mia io sarei del tuo parere, ma li tuoi zii hanno deliberato che io ti mariti per la gran facultà che tu hai ereditata, la quale alcuno non ti può usurpare; io però non so che altro farmi di te; e poi sta’ di buon animo; e non ti dubitare che tutti gli uomini non devono esser ad un modo; e forse, chissà, tu l’averai miglior delle altre».
«Oh questo è ben quel conforto di quante si annegano - disse allora Leonora - e questa vana speranza, che di raro riesce, è la certa rovina delle povere figliuole».
«La infinita speranza occide altrui - disse Corinna - ma non inganna già me questa vostra speranza, che più tosto morrei che sottopormi ad uomo alcuno; troppo beata vita è quella che io passo così con voi senza temer di barba d’uomo che possa commandarmi».
«O felice Corinna - disse allora Lucrezia - e quale altra donna al mondo è che vi si possa agguagliare? Certo niuna: non vedova, poiché non può vantarsi di non aver prima pennato un pezzo; non maritata, poiché stenta tuttavia, non donzella che aspetti marito, poiché aspetta di penare e si suol dir per proverbio che marito è mal’anno non manca mai.
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