«Sono nati inanzi di noi - rispose Corinna - non per dignità loro, ma per dignità nostra; poiché essi nacquero dell’insensata terra perché noi poi nascessimo della viva carne e poi, che rileva quel nascer inanzi? Prima si gettano le fondamenta in terra di niun valore o vaghezza, e sopra vi s’ergono poi le sontuose fabriche, con gli adorni palagi; in terra si nutriscono prima vili semente, donde poi s’aprono i soavissimi fiori ed apparono le vaghe rose e gli odorati narcisi. E di più si sa che Adamo primo uomo fu creato nel mondo nei campi Damasceni, dove la donna per maggior sua nobiltà, volse Dio crearla nel Paradiso terrestre; e noi siamo loro aiuto, onor, allegrezza e compagnia; ma essi conoscendo molto bene quanto vagliamo, invidendo al merito nostro, cercano distruggerci, non altramenti che si faccia il corvo che essendogli nati i figliuoli bianchi, ne ha tanta invidia, veggendosi esso così negro, che per gran dispetto gli uccide».
«Non vi basta averli toccati di superbia - disse Elena - che ancora lor rimproverate l’invidia, e pur sapete che l’invidia non regna se non ne i inferiori, come volete inferire che perciò sieno gli uomini. Ma per esser quella che mette il veleno nella lingua de i maldicenti, se noi diremo mal de gli uomini, saremo noi tenute invidiose e per conseguente inferiori a loro».
«Noi non diciamo male - replicò Leonora - per invidia, ma per ragion di verità: poiché (diremo per essempio) ad un che robba è forza dir che sia ladro. Se essi ci usurpano le nostre ragioni, non dobbiamo lamentarci e dir che ci fanno torto?
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