Percioché, se siamo loro inferiori d’auttorità, ma non di merito, questo è un abuso, che si è messo nel mondo, che poi a lungo andare si hanno fatto lecito ed ordinario; e tanto è posto in consueto, che vogliono e par loro, che sia lor di ragione quel che è di soperchiaria; e noi che fra le altre qualità e buone parti, siamo tanto di natura umili, pacifiche e benigne, per viver in pace sofferimo tanto aggravio e sofferiressimo più volontieri, se pur avessero essi un poco di discrezione, che volessero almanco che le cose andassero egualmente e vi fusse qualche parità e non ci volessero aver tanto imperio sopra e con tanta superbia, che vogliono, che siamo loro schiave e non possiamo far un passo senza domandar loro licenzia; né diciamo una parola, che non vi faccino mille comenti. Parvi che questo sia così picciolo interesse nostro, che dobbiamo tacere e lasciarlo passar via così sotto silenzio?». Disse allora Verginia:
«Lo debbono far essi forse per ignoranzia e non per mal che ci vogliono».
«Voi parlate ben da semplicetta e da fanciulla - a ciò rispose Cornelia - anzi l’ignoranzia non iscusa il peccato e la loro ignoranza è volontario vicio, e sono purtroppo accorti nel male e vogliono che anzi noi siamo le ignoranti e le pazze; e che non siamo buone a nulla; e ben dicono il vero, che facciamo da pazze in questo a sofferire tante loro crudeltà e non fuggiamo quanto dal fuoco la loro tacita e continua persecuzione e l’odio particolare, c’hanno contra di noi. E non crediate che contra il nostro sesso solo siano tali, che ancor tra loro stessi si ingannano, si rubbano, si distruggono e si cercano d’abbassar e di rovinar l’un con l’altro; pensate quanti assassinamenti, usurpazioni, giuramenti falsi, bestemmie, giuochi, crapula e tali vizi che commettono tutto il giorno.
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Verginia Cornelia
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