E poi questo solo peccato hanno quelle povere donne, dove che quasi tutti gli uomini ne hanno le migliaia ed essendone essi la cagione, come ho detto, perché tanto vituperar noi? Non niego che ciò non sia una infamia solennissima, ma per poche non si debbon vituperar molte né levar loro il credito; ed anco quelle poche non meritano esser sole infamate e che gli uomini se ne glorino, perch’io non trovo in nissuna legge divina che siano assolti gli uomini da questa colpa e condannate le donne sole; né meno nelle umane, che quando la giustizia del mondo si trova aver molti rei nelle forze per qualche gran delitto, suole ordinariamente investigar del capo e auttor di essi, e trovatolo bene spesso assolve i complici e condanna solamente i principali ed auttori de’ misfatti. Vedete dunque, che per leggi umane e divine debbono così gli uomini come le donne cattive esser riprese e castigati e più per esser causa e capo principale dell’error di noi donne, come è detto. Oltre di ciò quelle poche che errano (non parlando di quelle publiche) lo fanno, come si disse, per troppo lor bontà e compassione».
«Deh cara Cornelia - disse allora Lucrezia - voi volete che ’l vizio sia bontà? Questa è ben una cantepola che volete darci ad intendere».
«E pur - disse Cornelia - chi gli ode parlare, non gli sente dir altro che mal di noi: e la tal fa così col tale, e quell’altra, o che trista, o che sfacciata, io non avrei mai creduto, pareva una santa; queste donne fan tutte le schive perché non possono, se potessero sariano tutte triste ad un modo; e sì fatte bestemmie e villanie, che dicon tutto ’l giorno, e non si guardano giù per avanti a loro e non accusano loro stessi.
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Cornelia Lucrezia Cornelia
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