«Non pensano - aggiunse Leonora - che questa santa virtù è tutta semplice e schietta, né sopporta falsità alcuna, né sta su punti d’onore, né vuol parere gran cosa, né finge, né simula, né sta oziosa, che non s’adopri per dimostrarsi dov’ella regna verso cui è disposta».
«Son molti - disse Corinna - perché non amano, che non sanno far queste distinzioni di proceder, poiché non essendo veri amici essi, non sanno né anco trattar gli altri da tali; che in vero l’uomo, che sia vero amico d’un altro, deve proceder seco con ogni libertà e senza alcun’arte, né rispetto, né altra inchietta, né altro fine non altramente trattandolo che si faccia il fratello, il padre o ’l figliuolo, cioè con quella maniera e licenza di viver, di praticar e di comandarle anco con baldanza secondo il suo bisogno, dando all’incontro altratanta baldanza all’amico di far con lui il simigliante, non gli mancando in cosa niuna e credetemi, che chi non si piglia e non dà insieme questa libertà, non occorre che si chiami amico, ma più tosto conoscente, overo amico di starnuto. Ma dell’amicizia quando è vera, niuna cosa è migliore. Perciò Scipio Emiliano non prima si partiva ogni mattina di corte, che non si avesse acquistato un familiare ed amico. Il magno Alessandro dispensava gli acquistati tesori in comperar de gli amici, di cui faceva maggior istima che di tutte le ricchezze del mondo. Diogene Cinico, avendo risguardo all’obligo che ha un amico verso l’altro, ne suoi bisogni soleva dir che ridomandava a gli amici la robba non come cosa loro, ma come loro prestata da lui.
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