«Ancor io ho udito dire gran cose delle virtù di esse fonti - disse la Regina - e tra l’altre d’una detta Lincesto, che chi ne beve embriaca apunto come ’l vino».
«Così dicono gli istorici - seguì Corinna - un’altra in Cipro ha questa proprietà che, secondo alcuni auttori, se vi si pone entro una lucerna estinta, subito s’accende; ed un’altra, che mettendovi un legno, s’indura ed impetrisce».
«Quelle poi - disse Verginia - che disse quel poeta, che chi beve dell’una mor ridendo e chi dell’altra scampa. E quella, che è detta del sole di tal virtù, che la notte sempre bolle ed il giorno si raffredda. Vi è quella detta Cirico, o fonte di Cupido, che chi ne beve ha virtù di scacciar amore da i petti nostri, sì come dicono alcuni».
«Vi sono alcune altre - disse Cornelia - che si chiamano l’acque de’ bagni, le quai sono così salutifere per l’infirmità varie de gli uomini».
«Oh ve ne fusse almeno alcuna - disse Leonora - che gli guarisse da dovero di molte infirmità occulte che essi hanno, delle quali non fanno stima e sono perniciose ed incurabili».
«E quali sono?» disse Elena.
«Quella - rispose Leonora - della infedeltà, della fraude, dell’ingratitudine e simili».
«Egli è ’l male - rispose Cornelia - che essi le hanno e ne fanno sentire a noi il danno».
«Oh - disse allora Corinna - l’acqua di cui vi parlo, bench’abbia detto che è buona a guarir gli uomini, ho voluto inferir l’un sesso e l’altro e parlo di mali, che avvengono a i corpi, che queste indisposizioni dell’animo, c’hanno gli uomini, non le guarirebbe quant’acqua contien l’oceano».
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