«Io credeva che la manna fusse la più ottima cosa del mondo, poiché non si può trovar cosa più dolce che la manna» disse Lucrezia.
«Se ben fusse la più dolce - disse Corinna - non e però la più perfetta; casca sopra certa erba aperitiva e si coglie come il mele; è calda ed umida temperatamente e più bianca è la migliore; è dolcissima, ha gran virtù di mondificar il sangue e val nelle febre acute insieme con la cassia, la qual similmente giova al gran fervor del sangue e dispone il ventre alla purgazione».
«Io ho udito - disse Cornelia - dopo l’ardor delle febre laudar molto il reubarbaro».
«Sì nelle terzane simplici, come doppie - rispose Corinna - perché è proprio contra la colera; ed a far che giovi, bisogna elegger (perché è una radice che nasce in India) che sia piena e di buon peso, e quando si rompe ha le vene separate, alcune rosse, alcune bianche, nel masticar lascia il colore ed è amaro al gusto; è caldo e secco nel secondo grado, come la siena ed è quasi simile al reupontico».
«La siena - disse Lucrezia - non è buona a maninconici?».
«Alla maninconia - rispose Corinna - all’opilazion del fegato; alla quartana è buona meschiata con la coloquintida, la qual giova anco alla durezza della milza, cioè la sua medolla con acqua di scolopendria; la sua decozion al dolor de i denti con aceto, il suo empiastro alli vermi, ma non è da adoprarsi sola, perché è venenosa».
«Debbe esser - disse Leonora - quest’erba come l’uomo, che solo è mortifero, ma la compagnia della donna è la sua teriaca».
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