«Le verze bianche, o cardi - disse Cornelia - che s’usano il verno cotte con gli uccelli, mi vanno più a gusto che queste vostre decozioni e medicine».
«Le verze - ritolse Corinna - non son molto sane, che generano colera negra e mettono umidità e ventosità nello stomaco; le biete son miglior minestra a chi sono a grado».
«A me piacciono tutte le minestre - disse Lucrezia - ma li risi sopra tutte».
«Ed io - disse Cornelia - mangio più volontieri bacelli e l’orgio».
«I risi - aggiunse Corinna - sono sani, nutriscono e restringono, i bacelli e la fava son saporiti, ma ventosi e duri da digerire, ma l’orgio è ben sano e rifrescativo; anzi è medicina a gli ammalati, per causa calida ed insieme vivanda ottima».
«Il panico non mi piace - disse Lucrezia - nel formento, salvo nel far pane. Anco il pan de miglio è saporito quando è fresco con la sua vua damaschina per entro».
«Mangiatevelo pur voi - disse Cornelia - ch’io per me non voglio cercar meglior pan che di formento».
«Il miglio - disse Corinna - dà poco nutrimento e giova a restringer il ventre ed alla difficoltà dell’orina; il sorgo è astrettivo».
«Oh Dio - disse la Regina - come fanno questi poverini di grazia, massime fuora nelle ville, che convengono mangiar d’ogni sorte di queste biave minute e pur n’avessero a bastanza, massime questi anni di questa carestia? Parmi un gran miracolo che possino sostentarsi, ma il Signor gli aiuta».
«Oimè - disse Lucrezia - bisogna pur averli qualche compassione, quando non pagano tutto il fitto, perché in vero non si raccoglie al presente la metà delle biade, che si solea gli anni a dietro; pur questo ricolto, lodato Iddio, è stato miglior de gli altri».
| |
Cornelia Corinna Lucrezia Cornelia Corinna Lucrezia Cornelia Corinna Dio Regina Lucrezia Iddio
|