«Donde pensate voi, cara Corinna - disse allora Cornelia - che si causino questi così tristi raccolti, che vanno alle volte?».
«Son molte cause - disse ella - onde può venir la sterilità o scarsa prodozion del grano; prima può esser, perché le terre non siano ben disposte e coltivate, overo perché non è seminato in tempo; nasce anco dall’intemperie dell’aria, che manda alcune volte caligini e vapori ardenti al basso, che toglie e secca il grano su ’l fiorire. Altre volte vien da i gran secchi e dalle soverchie pioggie, fuori di tempo, per il che il formento va tutto in erba, o marcisce. Procede spesso anco, che nascendo il formento nel verno, essendo troppi sirocchi, si generano certi vermicelli, che lo rodono inanzi che cresca; la tempesta poi, quando è fatto il grano, è la ultima rovina, ma questa non fa carestia se non per chi la tocca. A molte di queste inconvenienzie si può rimediare ed a molte no; bisogna perciò ricorrer e rimettersi a sua divina Maestà, così di biade, arbori ed erbe, come di tutte le altre cose».
«Con tutto che ’l danno di noi altri - disse Lucrezia - sia notabile, tuttavia patiscon molto più quei poveri contadini, che s’affatican tutto l’anno, se ’l racolto non riesce secondo la speranza loro».
«Quest’anno - disse Elena - spero che si caverà assai grano per quanto si può vedere ora, ch’io sono stata in villa a far l’acqua rosata».
«Non mi piace andar in villa da questi tempi - disse Cornelia - piacemi l’andarvi d’agosto e ’l settembre; che quei sono i veri tempi che si prende solazzo».
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