Pagina (161/220)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Deh per quel sangue che avemo in voi, per quelle fatiche, che tanto volontieri avemo sopportato per notrirvi, per darvi creanza, per guardarvi da pericoli e, in somma, per ridurvi ad esser uomini come voi siete, abbiateci qualche compassione e teniate qualche conto di noi, non ci sprezzate, non ci abbandonate ed imaginatevi, che voi siete uomini, perché noi siamo donne. E voi mariti dolcissimi, deh non isprezzate le vostre povere mogli, già voi sapete che sete una carne istessa con noi e che solo la morte può separarvi dalla nostra compagnia; perché di grazia ci abbandonate? Perché spesso ci spogliate di nostri beni? E non ci trattate come è il debito vostro? Oime che tanta servitù che vi facciamo, con tanto amor che vi portamo, e tanto ossequio che vi prestamo, non vi può volgere per far che voi siate un corpo ed un’anima con noi come dovreste esser? Né vi attribuite ragione? Perché alcuna di noi qualche volta vi offenda, perché non deve patire il più per lo meno, né l’universale per lo particolare e poi dell’error di queste tali siete pur cagion voi altri, che v’insidiate voi stessi le mogli l’un l’altro, onde per tanta molestia e per lor mala sorte le meschine s’inciampano; e voi mariti sete spesso ancora causa di far pericolar
      le mogli, perché dando lor mala vita, le ponete in disperazione di far il peggio che fanno. Però deh carissimi ed inseparabili amici, tutte le leggi divine ed umane vi fanno nostri, come noi siamo vostre. Deh fateci buona ed amorevol compagnia; dateci buon essempio; che se ci amareti, noi vi amaremo, se ci tenirete per mogli noi vi teniremo per mariti ed anco patroni, non per obligo ma per amore.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220