È possibile, che voi non vogliate far altro tutt’oggi, che parlar al roverscio del nostro proponimento? Che avemo a far vi prego con magistrati, corti di palazzo e tali disviamenti? Or non fanno tutti gli uomini questi offici contra di noi? Non ci domandano se ben non gli siamo obligate? Non procurano per loro in nostro danno? Non ci trattano da forestieri? Non fannosi proprio il nostro mobile?».
«Così non fusse - disse Cornelia -. Or torniamo ben da senno al proposito di questi uomini».
«Io - aggiunse Corinna - in ciò mi riporto a Leonora che sa così ben toccarne i passi essenziali».
«Poco dico e poco vaglio - rispose Leonora - con le mie parole e come per lo passato mi giovò nulla il mio dire, così per l’avenir non spero che mi debbi giovar punto con loro».
«E pur si dice - seguì Corinna - che le bestie con le funi e gli uomini si legano con le parole».
«Bene sta - disse Cornelia - ma tutti c’hanno forma di uomini, non son però uomini; non sapete voi di quel savio quanto s’affaticava in cercar un uomo con la lanterna in mano e non potea trovarlo? Però questa sentenzia che le parole abbino forza per legar gli uomini, essendo che vi son pochi veramente che si possino chiamar uomini, in pochi viene adempita».
«Certo - disse la Regina - che la bella espression delle parole disposte con affetto d’animo e con naturale eloquenza d’ingegno, se ben ancor non vi concorressero tutte quelle parti, che al vero orator si convengono, ha una grandissima forza e quasi divina per mover e disponer gli animi de gli ascoltanti, non pur uomini (ancor che non sieno di quella perfezion che intendete voi), ma se fussero anco tante pietre.
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