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      «In quei tempi antichi - rispose Elena - usavano pur quei prudenti Romani d’immortalarsi più co ’l mezo delle scolture le loro imagini e memorie, che con la pittura; di che ancor si scorgono tante ruinate reliquie per tutta la città di Roma».
      «Forse - aggiunse Corinna - perché giudicarono che più durasse la fattura di una pietra che d’una tela o tavola; tuttavia non lasciarono da parte quest’altra».
      «Deh, si potesse - disse Leonora - trovar un pittor o scoltore di tanta eccellenzia, che sapesse ritrare dal naturale la forma intrinseca degli uomini, sì che si potesse scorgervi chiaramente tutto il secreto de cuori loro, acciò non potessero essi con falsa apparenza ingannar più la nostra semplicità. Perché se bene alcune di noi, come disse Lucrezia, ancorché comprendano la lor malizia, non ponno restar di amarli e soffrono di esser beffate da loro, ve ne sariano molte, che non patirebbono tanti torti e villanie che loro usano con tante fraudi e colorate menzogne».
      «Deh, Dio il volesse» ripigliò Verginia.
      «E - seguì Corinna - oggidì par che sia molto più in pregio la pittura e pochi si servano della scoltura, se non in caso di onorar qualche persona d’importanza, come prencipe, signore, o capitano illustre, a cui per gli meriti del suo valore si soleno drizzar statue, colonne e simili edifici a perpetua memoria della sua fama, come molte volte in varie occasioni hanno fatto anco questi nostri signori per la gloria di lor benemeriti soldati e cittadini».
      «Degnamente certo - disse Lucrezia - si denno tali onori a sì fatti personaggi e di statue e di pitture e di poesie immortali, come quelli che spendendo la lor vita per la patria o principe son degni che lor sia restituita in qualche maniera, come fece a’ nostri tempi quel gloriosissimo signor Gio.


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
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