Di profonda eloquenza in prosa, o in rimaMover un cor, quant’alma, che ben anzi,
E mercé muta sospirando chiami».
«Dica chi voglia - disse Cornelia - che a mio giudicio stimo io sopra tutto quello de gli occhi, i quali ben si può dir che parlino e che scoprano con gli sguardi l’intrinseco dei cori. O che eloquenti oratori sono gli occhi per narrar la lor causa, che valenti soldati per ferire i lor nemici, e che dolci lusinghieri per allettar gli cori amici; da questi intendete odio, amore, speranza, paura, dolor, allegrezza, sdegno, vergogna e tutti gli accidenti e passion dell’animo nostro».
«Sì, quando vogliono - ripigliò Corinna - ma spesso anco ingannano, mostrando una cosa per un’altra; ma li sospiri non errano mai, perché da bon senno, quando uno non ha voglia di sospirare, può ben fingere, ma si conosce troppo bene la sua falsità».
«Deh - disse Leonora - che negli uomini ogni cosa è finta, e sguardi e sospiri e colori e parole ed opere, né mai si discopre la verità del lor animo, né quando oprano cosa alcuna di cuore, se non quando ci fanno qualche oltraggio e dispiacer notabile».
«A punto egli è così - disse Cornelia - ma credo ben io, che voi non vi lasciarete più ingannar in nissun verso da loro».
«Certo non - disse ella - ma m’incresce, che vorrei che né ancor voi altre vi lasciaste da lor finzioni convincere; e per dir a proposito di colori, quanti vestono l’incarnato o ’l verde per far gli inamorati, che lor starebbe più convenevole il berettino, o nero secondo la fraude e l’esperto inganno, che sta loro nel core».
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