«Posciaché vi veggio tutte così unite in desiderio d’ascoltarle, non è giusto che ove io posso, manchi mai di concedervi ogni maniera di sodisfazione». E però senza altro comento, dechiarandosi per la narrazion la cosa, state quelle ad udire:
Dal ben composto e splendido suo tempioDi dorici archi e di gemmati fregi,
Mosso era Amor, superbo in vista ed empio,
Onusto e altier d’almi trionfi egregi;
Poiché nel ciel più non trovava essempio,
Che cedea Giove a’ suoi più rari pregi,
Con maggior faciltà prese speranza,
Ch’alla sua qui cedesse ogni possanza.
Sparse e spiegò le ventilanti penne,
E scese e venne a innamorar la terra;
E com’era il desio l’effetto ottenneCon dolce, interna e faticosa guerra.
Ogni cosa creata amar convenne,
Gli uomini, gli animai, l’acqua e la terra:
E mentre vince Amor queste e quell’almeOrna il bel tempio suo d’illustri palme.
Non era cuor di qualità sì dura,
Ch’al suo possente stral non desse loco;
Né petto di sì rigida natura,
Che non ardesse il suo cocente foco;
Però accadea, ch’una gentil figura
(Quantunque fusse il suo merito poco)
Avea tal forza in mente alta e proterva,
Che ’l Re sposava, e ’l Prencipe la serva?
Inganno, falsità, villan pensieroNell’animo de’ gioveni non era;
Il lor’affetto ardente era e sincero,
E la lor servitù costante e veraBeata, chi patia sotto il suo impero,
Si riputava ogni pena aspra e fiera.
Né l’uom restava mai d’esser fedele,
Benché la donna fusse empia e crudele.
Questo perché l’aurato, acuto dardoLor trafigea profondamente il core.
E ’l dolor della piaga era gagliardo,
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Amor Giove Amor Prencipe
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