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      Che del crudel Ciclope si dispera.
      V’era Mopso e Tirennia e Tirse e Filli,
      E Titiro e la sua dolce Amarilli.
     
      Se le forze amorose in piani e montiEran possenti e sviscerate a pieno:
      E così nelle selve e nelle fontiFra satirelli e ninfe albergo avieno:
      Per le città volar veloci, e prontiI dardi suoi vedevansi non meno,
      E trappassar de’ molli giovenetti,
      E delle donne i delicati petti.
     
      Da cagion sì gagliarda e sì possenteSpinta la gioventù degna e reale,
      Non guardava né a dote, né a parente,
      Ch'a sua condizion non fusse eguale:
      Ma per dar loco alla sua fiamma ardenteCelebrava Imeneo santo e leale;
      Tanto ch’in breve Amor scacciò dal mondoL’ambizion e l’avarizia al fondo.
     
      Quell’altier, ch’i suoi dì tutti avea spesiIn mercar dignità, gradi ed onori;
      E per gara de’ ciò molti avea offesi,
      Né pur mirar degnava i suoi maggiori;
      Trafitto a mezo il cuor da strali accesiDi questo Re, per mitigar gli ardori
      Una vil donna, ancor che bella prendePer consorte legitima e si rende.
     
      Quell’altro avaro, ingordo di tesoroTutta la vita sua strazia e patisce,
      Non veste mai, non si dà alcun ristoro,
      A pena che scacciar la fame ardisce:
      Poi tocco dallo stral di costui d’oroLe sue ricchezze in pochi dì finisce,
      O contradote, o spesa altra, ch’importa,
      Per goder la sua dea di far comporta.
     
      Felici voi, che con sì caldi amantiDonne vi ritrovaste a quella etade,
      Dove per non aver doti bastantiNon invecchiava mai vostra beltade,
      Né con false lusinghe e finti piantiVi cercavan por macchia all’onestade:
      Ma con debito mezo, onesto e grato


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Il merito delle donne
di Moderata Fonte
pagine 220

   





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