In queste il genitivo delle parole che terminano in a, è, come presso i Greci, in as, e presso i Romani nella lingua perfezionata in ae; quello delle parole in us è nel sannitico eis, nell'umbro in es, presso i Romani in ei; il vocativo presso questi ultimi scompare sempre più nella esplicazione della lingua, mentre rimane in pieno uso negli altri dialetti italici; il dativo plurale in bus fu conservato solo nella lingua latina. L'infinito umbro-sannitico in um è straniero ai Romani, mentre il futuro osco-umbro, formato dalla radice es alla maniera greca (hest come ???-??) presso i Romani è quasi o forse interamente scomparso, e vien supplito dall'ottativo del verbo semplice o con desinenze analoghe di fuo (ama-bo).
In parecchie di queste divergenze, per esempio nelle forme dei casi, le diversità esistono però solo nelle lingue perfezionate, mentre i principii coincidono. Se dunque la lingua italica ha una propria individualità a lato della greca, in essa l'idioma latino sta all'umbro-sannitico a un dipresso come sta l'jonico al dorico, mentre che le differenze dell'osco e dell'umbro, non che de' dialetti affini, si possono paragonare con quelle del dorismo in Sicilia e a Sparta.
Ognuna di queste fasi linguistiche è il risultato d'un avvenimento storico, e se ne può con piena sicurezza conchiudere che dal comune alvo materno dei popoli e delle lingue si staccò un ramo, che in sè comprese gli antenati dei Greci e degli Italici, che da questo ramo poi derivarono gli Italici, i quali a loro volta si suddivisero in genti occidentali e orientali; e il gruppo orientale più tardi si ramificò in Umbri e Oschi.
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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 327 |
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