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      La storia deve innanzi tutto sgombrare il terreno di codeste favole, che vorrebbero apparire storia, e che invece non sono altro che poco spiritosi autoschediasmi: dopo di che le sarà forse concesso di fare un altro passo; e considerate le particolari condizioni de' luoghi, potrà forse metter fuori una ragionata supposizione, non diciamo già sulla fondazione, ma sulle cause del rapido e mirabile incremento di Roma e della sua situazione privilegiata in mezzo alle altre genti latine.
      Consideriamo dunque anzitutto attentamente i più antichi confini del territorio romano: verso oriente, entro il raggio d'un miglio dalle mura serviane – ond'è che i confini del distretto romano devono essere stati prossimi alle porte della città – sorgono le città d'Antenne, Fidene, Cenina, Collazia e Gabio. Verso mezzogiorno, ad una distanza di 15 miglia, si incontrano i potenti comuni di Tuscolo e di Alba; e sembra che da questo lato il territorio romano non si sia esteso oltre le fosse Cluilie a 5 miglia da Roma. E così nella direzione sud-ovest il confine tra Roma e Lavinia non oltrepassava la sesta colonna miliare.
      Mentre il territorio romano è chiuso dalla parte di terra in così angusti limiti, esso si estende invece da antichissimo tempo senza ostacoli lungo le due sponde del Tevere verso il mare, e tra la città e il litorale non s'incontra nessun luogo importante che si mostri come antico centro distrettuale e nessuna traccia di limiti confinari.
      La leggenda, che conosce il segreto di tutte le origini, narra come i possedimenti romani sulla sponda destra del Tevere, i sette villaggi (septem pagi) e le ricche saline alle foci di questo fiume, siano state tolte dal re Romolo ai Veienti e come il re Anco abbia fortificato il monte di Giano (Ianiculum) sulla sponda destra del Tevere, e fondato sulla sinistra il Pireo romano, la città del porto, posta alla bocca del fiume (Ostia).


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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