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      Codesta massima non fu giā suggerita da indifferenza pei vincoli del sangue, ma perchč nella coscienza del popolo romano era impressa profondamente l'intima persuasione che il fondamento della famiglia e la procreazione dei figli fossero non tanto un fatto naturale quanto una morale necessitā e un dovere cittadino. Forse l'unico esempio di un soccorso accordato in Roma dal comune ai privati č la disposizione che assegna un sussidio a quel padre cui nascessero tre figliuoli in una volta. Che giudizio poi si facesse nell'esposizione dei bambini, lo dimostra il divieto religioso che condanna l'esposizione di qualsiasi bambino maschio e per lo meno della prima femmina ad eccezione degli aborti. Ma, per quanto biasimevole e dannosa sembrasse l'esposizione, il padre ne aveva il diritto, che nessuno poteva contestargli, perchč egli era e doveva rimanere il signore assoluto e illimitato in casa sua. Il padre di famiglia non solo teneva i suoi dipendenti sotto la pių severa disciplina, ma aveva anche il diritto ed il dovere di esercitare su di essi la potestā giudiziaria e di infliggere loro, a suo criterio, pene corporali e di sangue. Il figlio giunto all'etā maggiore poteva fondare una famiglia separata, poteva ottenere, assegnatogli dal padre, come dicevano i Romani, il suo proprio bestiameģ (peculium); ma in linea di diritto era sempre proprietā del padre qualunque guadagno fatto da' suoi nella casa paterna sia col proprio lavoro, sia per dono altrui, e sino a che viveva il padre i soggetti alla patria potestā non potevano possedere beni propri, e per conseguenza non potevano nč alienare, nč lasciare i propri beni in ereditā se non dietro autorizzazione ottenuta dal padre.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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