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      Se non che, l'essere la dignità senatoria a vita fondata sugli essenziali elementi dello stato romano, assicurava al senato un'importanza ben maggiore di quella che avrebbe potuto avere una semplice adunanza di uomini di confidenza del re. Non v'è dubbio che, di fronte al re, le prerogative dei senatori sono limitate a pronunciare il loro parere allorchè ne sono richiesti. Il re convoca il consiglio quando crede ed espone i suoi quesiti; nessun senatore può emettere la sua opinione non richiesto; e molto meno può il consiglio riunirsi senza convocazione. La deliberazione non è imperativa; il re può fare a meno di seguirla senza che il senato abbia alcun mezzo di dare valore esecutivo alla propria autorità. Il re dice ai senatori: «Io vi ho scelto per comandare a voi, e non perchè voi mi guidiate». Ma quando in affari di rilievo si ometteva di consultare il senato, quest'omissione era considerata come uno spregevole abuso del sommo potere. E così il senato avrà avuto la parte sua nell'imporre oneri e prestazioni straordinarie, nel disporre dei terreni conquistati e, quante volte si rendesse necessario, di consultare la comunità, sia per l'arrogazione o per l'ammissione alla cittadinanza, sia per la dichiarazione di una guerra aggressiva. Se il comune di Roma era stato leso da un vicino, e se veniva rifiutato il risarcimento, il feciale invocava gli dei a testimoni del torto subìto e terminava colle parole: «Sul modo di ottenere giustizia udiremo il consiglio degli anziani». Allora il re, sentito il senato, portava l'affare innanzi al popolo; solo quando il senato e il comune erano d'accordo si considerava la guerra come giusta, e con ragione si poteva attendere che fosse dagli dei benedetta.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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