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      Benchè in fatto si raccogliessero mille fanti e trecento cavalieri, si deve ritenere che prevalessero nella ripartizione alcuni adattamenti pratici invalsi da antichissimi tempi, e se non si abbandonarono interamente quelle cifre rituali, lo si deve attribuire soltanto alla tendenza, profondamente radicata nell'indole latina, di applicare logicamente piuttosto che formalmente gli stessi principî alle variate circostanze. Non v'è dunque in questo antichissimo organismo costituzionale altro membro effettivo e funzionante che le curie, distribuite dieci per ogni tribù.
      La curia era un'effettiva unità consorziale, i cui membri si riunivano per lo meno nelle solennità comuni, ognuna sotto un proprio curione (curio), ed avevano un proprio sacerdote (flamen curialis). Senza dubbio anche la leva delle milizie e i censi si facevano per curie, come anche le adunanze e le votazioni. Però quest'ordinamento non deve essere stato applicato nelle votazioni, perchè in questo caso si sarebbero certamente stabilite le divisioni in numero dispari.
      8 Uguaglianza fra i cittadini. Tanto erano dure e disuguali le relazioni tra il cittadino e il non cittadino, altrettanto rigorosa era l'uguaglianza innanzi alla legge dei cittadini fra di loro. Non v'è forse alcun popolo che abbia saputo, come i Romani, più inesorabilmente sostenere l'una e l'altra delle due tesi. Forse in nessun caso risalta con tutta chiarezza la severità dell'antitesi tra i cittadini e i non cittadini come nell'antichissima instituzione della cittadinanza onoraria la quale, originariamente, aveva appunto per iscopo di mantenere questa antitesi.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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