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      La più antica costituzione romana era quindi in certo qual modo la monarchia costituzionale de' moderni presa in ordine inverso, e se nel sistema costituzionale moderno il re viene considerato come il possessore e il custode del pieno potere dello stato, e però da lui solo emanano, a esempio, gli atti di grazia, mentre ai rappresentanti del popolo è riserbato il governo e l'indirizzo dello stato, invece il comune popolare romano era press'a poco ciò che è il Re in Inghilterra; e il diritto di grazia che in Inghilterra è un diritto riserbato alla corona, a Roma era un diritto riserbato al comune popolare romano, mentre il governo effettivo della cosa pubblica erano nelle mani del re. Infine, se dirigiamo le nostre ricerche sui rapporti fra lo stato e i suoi membri, troviamo che secondo il concetto romano lo stato era egualmente lontano e dalla teoria accomodante che lo riduce a una semplice alleanza difensiva, e da quelle idee superlative dei moderni, che gli concedono una sovranità autocratica. Certo era ancor meno possibile porre limiti materiali al potere dello stato, che non al potere del re; ma se il concetto del diritto segna nella sua stessa determinazione i limiti all'attuazione legittima del diritto, anche il potere dello stato non può dirsi sconfinato. Il comune disponeva bensì della persona del cittadino, imponendo i pubblici gravami e castigando le mancanze e i delitti, ma ogni legge speciale, che imponesse oneri o minacciasse pene ad un singolo individuo, per azioni non generalmente vietate, era sempre considerata dai Romani, quand'anche fossero osservate le forme costituzionali, come un atto di tirannide.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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