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      Ma pure questo rapido progresso non produsse alcun frutto. Nella facile esistenza, non cimentata nè esercitata da resistenze degli indigeni, da faticosi lavori del corpo, questi Greci perdettero presto, coll'elasticità fisica, anche la morale. Nessun nome brillante nell'arte e nella letteratura greca onora gli Achei italici, mentre la Sicilia ne conta parecchi e in Italia la calcidica Reggio canta Ibico, e la dorica Taranto Archita. Questo popolo, sul cui focolare lo spiedo non riposava mai, non riuscì a distinguersi in altro che nel pugilato. La severa aristocrazia, che era stata sollecita ad afferrare il timone della cosa pubblica nei singoli comuni, e che in caso di bisogno trovava valido appoggio nel potere federale, vegliava attentamente affinchè non sorgesse alcun tiranno. Un solo pericolo poteva temersi, quello cioè di passare da un governo d'ottimati ad una signoria oligarchica, principalmente se le famiglie privilegiate nelle diverse repubbliche si fossero unite prestandosi reciprocamente aiuto. Simili tendenze oligarchiche informavano la lega solidale degli «Amici» fregiata dal nome di Pitagora; essa ingiungeva di venerare la classe dominatrice come divina, di trattare come bestie quelli della classe servile, e suscitò con siffatta teoria e siffatta pratica una terribile opposizione, la quale finì coll'esterminio degli amici» pitagorici e colla rinnovazione degli antichi ordini federativi.
      Ma lotte furibonde di partito, inconvenienti sociali di ogni sorta, pratica applicazione di un'impraticabile filosofia politica, in una parola tutti i mali d'una civiltà disordinata, non cessavano d'infuriare nelle repubbliche achee finchè il loro potere politico non si spezzò. Non è da meravigliarsi se gli Achei, che per primi si stabilirono in Italia, abbiano avuto minor influenza delle altre colonie greche sull'incivilimento italico.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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