Con quanta rapidità e con quanta furia que' corsari selvaggi si andassero estendendo particolarmente nel mar Tirreno, lo prova il loro stabilimento sulla spiaggia latina e campana. Si mantennero, a dir vero, i Latini nel Lazio propriamente detto, ed i Greci alle falde del Vesuvio, ma tra loro e accanto a loro imperavano gli Etruschi in Anzio e in Sorrento. I Volsci entrarono sotto la clientela degli Etruschi, e questi traevano dalle loro foreste le chiglie per le galere; e se la pirateria di quelli d'Anzio non ebbe fine che quando i Romani occuparono quel porto, si capisce benissimo, perchè i navigatori greci chiamassero il lido dei Volsci meridionali il lido dei Lestrigoni.
L'alto promontorio di Sorrento, con la scoscesa e inapprodabile Capri, la quale pare proprio una rocca di pirati sorgente tra i seni di Napoli e di Salerno come vedetta del mar Tirreno, era già prima venuto in potere degli Etruschi, che si pretende abbiano persino fondato nella Campania una propria lega di dodici città; e siccome anche ai tempi compiutamente storici nell'interno del paese trovavansi città che parlavano la lingua etrusca, così è verosimile che anch'esse siano state fondate dagli Etruschi nel tempo della loro signoria sulle acque campane e della loro gara coi Cumani stanziati intorno al Vesuvio. Non si limitarono però, gli Etruschi a predare e saccheggiare. Sono prove del loro pacifico commercio con qualche popolo greco principalmente le monete d'argento che la città di Populonia, cominciando dell'anno 200 di Roma (= 554) fece coniare su modelli greci e sulla misura greca; ma nel tempo stesso ci è indizio dell'ostile posizione degli Etruschi rispetto ai Greci italici il fatto che queste monete imitano non le dramme della Magna Grecia ma le attiche allora in corso nell'Attica e in Sicilia64. E veramente gli Etruschi si trovavano, per commerciare, in più favorevole situazione, e di gran lunga più opportuna, che gli abitanti del Lazio.
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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 327 |
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