Sopravviveva, bensì, l'usanza di consegnare materialmente la cosa acquistata nelle mani del nuovo proprietario; di tirar per l'orecchio il testimone; di coprire il capo alla sposa e di condurla in solenne processione alla casa del marito; ma tutti questi antichissimi usi, già secondo il più antico diritto romano, non avevano più alcun valore legale.
Per una tendenza analoga a quella che bandì dalla religione ogni allegoria, e quindi ogni personificazione, anche il diritto si spogliò di ogni simbolo. E nel diritto romano noi troviamo interamente scomparso quell'antichissimo stato di cose rivelatoci dalle istituzioni elleniche e germaniche, quando il potere dello stato trovavasi ancora in lotta coi capi dei piccoli consorzi di schiatte e di territori che erano venuti a metter capo nel comune; non troviamo alleanza offensiva e difensiva entro lo stato per supplire alla mancanza della forza pubblica; non esiste traccia della vendetta del sangue, o della limitazione del patrimonio fatta per disposizione dell'individuo.
Certo, somiglianti condizioni di convivenza devono essersi riscontrate una volta anche tra i popoli italici, e se ne vuole trovare un ricordo in alcune speciali istituzioni del diritto sacro, come ad esempio nel capro espiatorio, che l'involontario uccisore era tenuto dare ai più prossimi parenti dell'ucciso; ma anche in quella più antica età di Roma, che noi possiamo riscontrare nella storia, questa fase della vita sociale era già da lungo tempo superata. Nel comune romano la famiglia non è certamente assorbita; ma l'onnipotenza ideale e reale dello stato in tutto il territorio della repubblica è così poco limitata dalla famiglia, come dalla libertà che lo stato stesso accorda e garantisce a ciascun cittadino.
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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 327 |
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Roma
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